Pochi giorni fa è scomparso il prof. Costantino Ricci, a lungo docente di materie classiche al Liceo classico Galilei. Il funerale si è svolto il 4 novembre 2024 nella chiesa di Nostra Signora a Le Grazie (Portovenere), nella casa di famiglia ove si era ritirato.
Pubblichiamo la testimonianza di una sua allieva, anche a nome di altri studenti dell’epoca:
Il professor Costantino Ricci ci ha lasciato. Aveva compiuto da poco 93 anni, e la sua mente prodigiosa gli è stata fedele fino all’ultimo. Chi l’ha conosciuto ricorda un suo particolare vezzo, quello di recitare a memoria l’elenco degli studenti delle varie classi in cui aveva insegnato. Un appello impeccabile, non sbagliava mai. Dei suoi studenti però non ricordava solo i nomi, ma anche le loro particolarità. È sicuramente per questo che tutti noi lo ricordiamo con grande affetto e riconoscenza.
Entrava in classe sempre ben vestito, salutava sempre lieto, e con la sua voce baritonale iniziava la lezione. Durante le sue ore noi studenti eravamo rilassati. Avevamo per lui un grande rispetto, ma non lo temevamo. Otteneva la nostra attenzione con la forza dell’autorevolezza e con la sua simpatia. Nelle sue lezioni c’era sempre spazio per raccontare un aneddoto o anche una barzelletta. Una levità in un uomo di grandissimo spessore. La sua cultura era enorme. Se ne accorse subito Giorgio Pasquali all’esame di ammissione alla scuola Normale, colpito dalla disinvoltura con cui traduceva dal greco.
Gli chiese un parere su un suo saggio che Ricci aveva letto, e lui rispose di istinto che era un mattone. Si scusò immediatamente, ma a Pasquali piacque la franchezza di quel giovane studente, e simpaticamente confermò che sì, era davvero un mattone! Con Pasquali discuteva spesso del dialetto ligure, che Ricci parlava alla perfezione e che definiva la sua prima lingua; con un po’ di esagerazione sosteneva di aver imparato l’italiano come lingua straniera. Componeva in latino come un vero umanista. 30 e lode all’esame di latino scritto, quando l’esame era un tema, prima di lui l’aveva preso solo il grande filologo Augusto Mancini. Laureato nel 1954 con lode, abbraccio accademico e dignità di stampa, continuò gli studi in Francia, alla Sorbona. La sua attività di insegnante cominciò nel 1957 a Volterra, passando poi a Piombino nel 1960, a Pontedera nel 1968 e infine a Pisa, nella nostra scuola, dove ha rivestito anche l’incarico di vicepreside ed è rimasto fino alla pensione, nel 1995.
Grande appassionato del gioco degli scacchi, riteneva che sarebbe stato utile proporlo anche a scuola per le abilità mentali che aiutava a sviluppare. I tempi poi gli hanno dato ragione, perché in molte scuole oggi si organizzano corsi e tornei di scacchi.
Non potremmo chiudere questo ricordo senza parlare della sua disponibilità e generosità. Anche in tempi in cui stare a scuola poteva essere davvero duro, Ricci aveva capacità ma soprattutto volontà di ascolto dei suoi studenti. Un uomo coltissimo che credeva nel suo lavoro e nei suoi ragazzi.
Per questo vogliamo salutarla, caro professore, dedicandole le parole che Seneca scrive a Lucilio, in un passo che ha letto e tradotto con molti di noi e che testimonia il desiderio che aveva di condividere il sapere e la cultura: “…in hoc aliquid gaudeo discere, ut doceam; nec me ulla res delectabit, licet sit eximia et salutaris, quam mihi uni sciturus sum”. Forse è racchiuso proprio qui il segreto per essere un grande insegnante: provare gioia nello studio e poi nel donare agli altri quello che si è imparato. E lei, professor Ricci, questa cosa l’aveva davvero capita.
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